I Giovani Turchi lottano, non più per un impero, ma per una più forte Turchia. L’impero non è più una priorità, ciò che conta ora è la Nazione.

Con la fine della monarchia e l’avvento dei Giovani Turchi  le comunità armene speravano che questo cambiamento portasse una maggiore autonomia e maggiori diritti, ma ben presto rimasero deluse.

I giovani turchi credevano alla formazione di uno stato moderno di concezione laica, basato su una società più omogenea. L’impero ottomano era stato un impero multietnico e multireligioso e questo, secondo loro, era stato la sua debolezza.

Il loro ideale di società prevedeva una sola lingua, una sola religione e un solo stato. Insomma un programma nazionalista e xenofobo. Chi non rispondeva alla loro concezione di cittadino laico e turco non poteva continuare a viverre nel loro paese anche se ci viveva da secoli o se addirittura era là prima della venuta dei turchi.


Nel diciassettesimo secolo l’impero ottomano era al suo massimo splendore. E’ in questo periodo che l’Armenia, una regione montuosa a est della Turchia, entra a fare parte dell’impero. Gli Armeni, un popolo dalle antiche radici cristiane si trovano, non essendo musulmani, cittadini di seconda categoria.

L’impero ottomano si è quasi sempre rivelato tollerante verso le minoranze pur privandole di poteri politici fondamentali.

Gli Armeni erano isolati ma coprivano buone posizioni nella società ed erano considerati la intellighenzia. Di solito erano commercianti, dottori, professionisti di successo, ma restavano pur sempre cittadini di seconda categoria. Vivevano una vita agiata ma sempre con una spada di Damocle su di loro, con un’incertezza sul proprio futuro. Vigeva il sistema del Vylet (provincia), dove i musulmani venivano prima degli Armeni cristiani e questa distinzione tra i due gruppi si fece sempre più discriminante per la comunità religiosa cristiana Armena man mano che si affermava il nazionalismo turco.

La situazione degli Armeni si trovò in uno dei suoi periodi più terribili. Furono espropriati delle terre e di tutte le proprietà; le uccisioni e i massacri si fecero sempre più frequenti. Addirittura gli Armeni venivano umiliati. Si arrivava spesso a rapire le spose il giorno del matrimonio.

Le cose andarono di male in peggio e sorprende che così tanti siano riusciti a sopravvivere in quelle condizioni. Sebbene discriminati gli Armeni riescono ad andare avanti ma con l’avvento dei giovani turchi l’oppressione si trasforma, nel 1915, in un vero genocidio. Gli Armeni  non sono infedeli da convertire, ma veri e propri nemici politici e religiosi. Il movente della persecuzione non sta nella religione ma nel nazionalismo esasperato. Ora la colpa degli Armeni è quella di non essere turchi.

I giovani turchi di fatto non erano religiosi, non andavano alla Moschea, bevevano alcolici e non si facevano problemi di condurre una vita mondana. Non erano interessati all’Islam, ma seguivano una ideologia che sostituisse la religione, e che fu trovata nel panturchismo. Cominciarono a parlare di una lingua e di una nazionalità turca allargata ai circassi e al popolo dell’attuale Azerbaijan.


Gli Armeni purtroppo si trovavano proprio nel mezzo a queste popolazioni e dunque venivano a costituire un ostacolo per questo progetto di una Grande Turchia. Ma anche gli Armeni coltivavano il sogno di una loro grande nazione indipendente e libera dall’oppressione. Il popolo armeno ha una lungua tradizione di oppressione e di lotta per la libertà. Ma i venti di guerra che soffiano sull’Europa intera rendono i giovani turchi sempre meno tolleranti.

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, la leadership turca sfrutta il pretesto di una presunta minaccia di rivolte armene per scatenare una terribile persecuzione che estirpi una volta per tutte dalle loro terre la presenza armena. Nella leadership turca si faceva sempre più strada l’idea che qualunque minoranza che cercasse di staccarsi dalla nazione o che cercasse una maggiore autonomia dovesse essere decimata o addirittura soppressa.

In ogni caso in nessun Mylet (provincia) gli Armeni che erano la maggioranza avrebbero dovuto costituire il 5 o il 10 per cento della popolazione. Fu una vera e propria pulizia etnica. In alcune aree gli Armeni rappresentavano il 50 o 60 per cento della popolazione. Per questo dovevano essere eliminati.


La Prima Guerra Mondiale non fece che accelerare questo processo di “pulizia etnica”. Essa rappresentò la condanna a morte degli Armeni. Con lo scoppio della guerra gli Armeni si trovano fra due stati nemici: la Russia e la Turchia.

Moltissimi Armeni che vivono in Turchia vorrebbero restare neutrali, infatti non vogliono combattere contro la Russia dove vivono un milione di loro fratelli. Questo fa sì che il governo turco li consideri dei traditori e che rifiutino loro l’esenzione alla leva militare. Dal punto di vista armeno la neutralità avrebbe garantito una certa sicurezza. Invece dal punto di vista del governo turco si trattava di alto tradimento.

I giovani turchi sostenevano che se i turchi avessero invaso la Turchia, gli Armeni si sarebbero schierati con gli invasori. Questo aumentò il rancore nei confronti degli Armeni e  nella loro leadership e poi in tempo di guerra c’è soltanto un modo per i sudditi di mostrare la propria fedeltà: arruolarsi.


L’Europa è in guerra, le nazioni sono assorbite dai problemi interni e nessuno presta attenzione al grido di dolore di una minoranza in una remota area a ridosso dell’Asia Minore. Niente di meglio per coprire un genocidio. Inizia il Metz-Yeghern, il Grande Mare come viene definito il genocidio.


Il 24 aprile 1915, il governo turco avvia la campagna di sterminio del popolo armeno. Il primo passo è l’arresto e la condanna a morte dei leader politici e religiosi. Alla fine più di un milione e mezzo di persone avrà perso la vita. Il piano era già predisposto. Per attuarlo bisognava aspettare il momento opportuno in cui la “pazienza” dei turchi avrebbe raggiunto il limite. Nella notte fra il 23 e il 24 aprile del 1915 a Istanbul ci furono arresti di massa della leadership armena. Presi prima e condotti poi in un’area dell’Asia Minore, vennero infine tutti uccisi. Cominciò poi l’inizio della deportazione di intere comunità. Questo avvenne fra la primavera e l’autunno del 1915. E’ stato poco a poco con l’intensificarsi delle deportazioni di massa e dei massacri che divenne chiaro che si trattava di qualcosa di più di casi isolati e di diverso da quanto gli Armeni avevano subito nel 1895/96 e nel 1909 per mano di Amid detto il Sultano Rosso per la sua crudeltà.


Nell’estate del 1915 fu chiaro a tutti che si trattava di un vero e proprio genocidio. Il genocidio venne attuato in tutto il territorio della Turchia con impressionante rapidità. Gli Armeni, strappati dalle loro terre, viene detto che stanno per essere trasferiti in “aree speciali” o in campi costruiti appositamente per loro.


I campi però non esistono. Una volta prelevati dalle case gli uomini sono divisi dalle donne e dai bambini. Gli uomini vengono uccisi quasi subito. Le donne, gli anziani e i bambini, costretti insieme ad affrontare lunghe marce in mezzo a montagne e in aspre zone del deserto siriano. Qualora riescano a sopravvivere verranno lasciati morire lentamente. La maggior parte di loro morì lungo la strada, moltissimi fra donne e bambini conobbero l’orrore della morte per stenti, in un certo senso furono più fortunati gli uomini che morirono subito dopo esser stati prelevati dalle loro abitazioni.

Nella tragedia Armena resta un episodio particolarmente atroce: quello di un ufficiale di polizia turco che getta 200 orfani in un grande rogo lasciandoli morire. Lo stesso aguzzino, insieme ad altri, lega mani e piedi a circa 500 ragazzi, li fa allineare sul ciglio della strada e passa con un pesante carro decapitandoli.


Personale diplomatico americano in una regione della Turchia scoprì che a un gruppo d bambini erano state amputate le mani. C’erano tristissime storie di ogni tipo: donne che, dopo essere state violentate, venivano uccise, altre, per sfuggire alle violenze e alla crudeltà turca o curda, si gettavano nei dirupi suicidandosi. Cadaveri mutilati e spogliati di quello che indossavano, oltre a furti e saccheggi.


Fu uno sterminio concentrato in un brevissimo tempo. Gli Armeni venivano uccisi con pugnali, asce o, se erano fortunati, a colpi di fucile a distanza ravvicinata. Prima del 1915 nell’attuale territorio della Turchia vivevano circa 2 milioni di Armeni. Oggi ne restano circa 70.000. Il governo turco non ha mai riconosciuto pur avendo in qualche modo ammesso in parte, minimizzandolo, questo genocidio. I superstiti non hanno  ai ottenuto nessun risarcimento. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, con la sconfitta della Turchia e dei suoi alleati, i vincitori che sapevano di questa immane tragedia, hanno minacciato di portare in tribunali internazionali i responsabili e gli autori materiali di questo genocidio. Ma alla fine con un continente distrutto e da ricostruire, la questione Armena passò in secondo piano, fino ad essere quasi dimenticata


Infine quando si arrivò al Trattato di Losanna, nel 1923, era ormai troppo tardi, la giustizia per gli Armeni fu solo menzionati e dopo cadde nel silenzio.


ARMENIA, ARMENI

(proiezione diapositive e commento di Riccardo Salines

domenica 10 gennaio 2016)

Dopo una breve informazione sui prossimi appuntamenti, Riccardo ha introdotto l’argomento della storia Armena, nell’ambito della ripresa del nazionalismo turco e del conseguente eccidio



Riportiamo qui sotto in grandi linee il discorso introduttivo svolto da Riccardo:



Alba del METZ YAGHER

grande mare = grande catastrofe = genocidio

Riccardo Salines Rago




All’inizio del ventesimo secolo l’impero ottomano (dopo che nel secolo precedente era stato esteso e potente) aveva visto la propria estensione territoriale ridotta a causa di umilianti sconfitte militari e di insurrezioni popolari e nazionalistiche.

Nel 1908 l’ultimo regnante, il sultano Abdül Hamid viene deposto da una formazione di giovani ufficiali turchi e sostituito con il fratello Mehmed che fa uomo di paglia.