DODICI PIÙ CINQUE

DICIASSETTE SFUMATURE DELL'ARTE

LA CULTURA COME NUTRIMENTO



[estratti] - 1


Il pittore apre finestre su visioni mai viste ma verosimili. Prendiamo il fenomeno della distanza. Il nostro occhio è tarato su una gamma millimetrico-chilometrica, distinguiamo cose che sono millimetri distanti e cose che sono lontane da noi alcuni chilometri. La realizzazione di questo atto visivo ci soddisfa, ci è naturale, ma non sempre: talvolta l'atto del vedere non risponde alla nostra domanda di comprensione del reale, di indviduazione di ciò che ci sta davanti.

In quanto uomini abbiamo però intrapreso un percorso di potenziamento dei nostri sensi per mezzo di supporti tecnologici, con l'uso di una buona lente possiamo risolvere le nostre incertezze visive.


Ma che succede quando la potenza della nostra tecnologia va oltre le nostre immagini mentali, quando la nostra lente diventa un microscopio?


In questo caso la tensione alla chiarezza visiva subisce un trauma perché ci troviamo catapultati in un universo nuovo perdendo il contarto con i nostri modelli di forme naturali. Guardando un fiocco di neve al microscopio non ottengo la precisazione di ciò che volevo vedere, ma vedo altro, un cristallo purissimo, regolare, solido, pulito perdendo ogni relazione con la tensione che volevo sciogliere originariamente.

Analogamente, guardando in lontananza con un potente telescopio, la tensione a precisare la visione di cose lontane si frantuma in presenze diverse, dove la stessa composizione dell'atmosfera, inesistente a occhio nudo, si materializza in forme impreviste che si frappongono fra me e l'oggetto, che non mi si chiarisce alla vista ma diventa anch'esso un universo di forme nuove.


Ora l'occhio serve a scoprire, a identificare a far riemergere forme che già possediamo nella nostra mente e a metterle in relazione con la realtà. La tensione alla chiarezza visiva fa proprio questo: mira a precisare il rapporto della realtà con le nostre forme interiori, la nostra gestalt.


Con il potenziamento tecnologico questa non cambia, resta la stessa, ma si trova proiettata in un altro mondo: sorprendentemente ritroviamo in un universo nuovo qualcosa che pensavamo di aver abbandonato, la cara, vechia mimesis.



[estratti] - 2


Franco Fantacci riscopre le sue forme interiori a livello microscopico, abbandonando l'universo super millemetrico per un modello sotto millimetrico.


Paolo Vignini opera a una distanza diversa, super chilometrica, dive la trasparenza dell'aria si ispessisce di macce scure al di là delle quali si intravedono presenze indefinite del vecchio mondo.


Sipontina Paloscia, percorre il mondo e lo scopre, scopre se stessa e le sue forme interiori nei vari gruppi etnici, nei costumi, negli animali, nei mestieri.


Il grande William Turner non si allontana dalla visione millimetrico chilometrica ma si pone ai limiti della distanza, costruisce grandi paesaggi che però servono solo per dare il senso lessicale del suono dei colori.

Francesco Alarico ha la stessa lunghezza d'onda ma elimina completamente il riferimento lessicale, identificativo di ciò che dipinge e lo lascia alla parola stessa, al titolo.


Se la pittura è una finestra sul mondo, la scultura è invece il contatto con il mondo e l'occhio serve per trasformare la materia stessa nella propria gestalt interiore. 


Lia Pecchioli ci fa sentire la pesantezza e la ruvidità del mondo - cemento, pietra, rame frammisto a parole con lo sforzo di dare a questa ritrosia inorganica la forma della dolcezza spirituale.


Questo sforzo demiurgico sembra assente nelle opere di Luigi Rindi, tronchi d'albero, radici di ulivi, rami spezzati: ready-made della natura. È l'occhio che vede e sceglie.


Il percorso di Nicola Mancino è personale, biografico e ideale, cittadino. Omaggio ai propri familiari, idealizzazioni di conoscenti, materializzazioni delle proprie immagini interiori, creazione di miti della città.


Antonio Bruno lavora l'acciaio e il vetro, costruisce contesti e universi, totem, pagine dell'universo. Non si tratta di immagini del mondo, i sui oggetti si pongono come il mondo.


Roberto Casati presenta la sua lampada Kos, design raffinato, che inserisce nella sua lunga e creativa ricerca con la Kasauovo, Kabinart, Modul'Art.


Tamara Donati, segue, tramite la figurazione, quasi sempre femminile, la simbolicità. La figuratività è un pretesto per esprimere l'eleganza della linea, la sinuosità e il nitore, la precisione.


Le installazioni di Ignazio Fresu sono volte a scoprire aspetti del presente che celano la scomparsa e la permanenza del passato: il passato scompare ma si ripresenta continuamente nelle infinite forme che assume in un presente che si manifesta come un reperto del passato.


Le opere di Leonardo Bossio sono caratterizzate da un giudizio universalmente negativo che viene presentato con estrema ironia. La sua arte è esattamente ciò che può curare ogni male del mondo e proprio per questo si presenta come una pillola.



link per scaricare l’interto libro



martedì 5 giugno ore 18:00, all’interno della mostra di SKEDA in via Firenzuola, sara’ presentato il libro


DICIASSETTE SFUMATURE DELL’ARTE


nato dall’ultimo evento di invasione artistica al Parco Prato.